Duomo di Modena - Guida Turistica

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.: DUOMO DI MODENA
 Il Duomo di Modena è la prima chiesa della città e dell'Arcidiocesi di Modena-Nonantola. Capolavoro dello stile romanico, la Cattedrale è stata edificata dall’architetto Lanfranco nel sito del sepolcro di San Geminiano, patrono di Modena, dove già due chiese a partire dal 400 erano state costruite e distrutte. Nella cripta del Duomo si trovano le spoglie del Santo entro la semplice urna del IV sec. ricoperta da una lastra di pietra e poggiante su colonne di spoglio. Il sarcofago, custodito entro una teca di cristallo, viene aperto ogni anno e il cadavere del Santo rivestito degli abiti vescovili con accanto il pastorale viene esposto alla devozione dei fedeli in occasione della festa del Santo stesso (31 gennaio). A fianco del Duomo sorge la torre campanaria detta Ghirlandina. Il Duomo di Modena, con la piazza Grande e la Ghirlandina è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
 Della vita e delle opere di Lanfranco prima della sua venuta a Modena dalla zona dei laghi lombardi con abili maestranze di muratori e lapicidi non si ha notizia, certa però è l'attribuzione a lui del progetto del duomo grazie ad una lapide murata all'esterno dell'abside maggiore che oltre alla data d'inizio dei lavori (23 maggio 1099), indica il nome dell'architetto e ne tesse anche le lodi definendolo "celebre per il suo ingegno, sapiente e dotto". Anche in una cronaca del tempo, la Relatio de innovatione ecclesie Sancti Geminiani del coevo canonico Aimone, conservata nell'Archivio Capitolare, si afferma che l'architetto fu Lanfranco, che viene anche raffigurato in alcuni disegni che corredano il testo mentre,in vesti ricche rispetto a quelle umili degli operai e con in mano la verga del comando, dirige i lavori degli scavi per le fondamenta e dell'erezione di una parete. A Lanfranco si affiancò presto lo scultore Wiligelmo che, non solo lavorò assieme ai suoi allievi e seguaci alla decorazione della chiesa, ma collaborò in armonia con Lanfranco alla direzione dei lavori partendo dalla facciata, mentre Lanfranco partì dalle absidi.
 Il motivo fondamentale dell'architettura di Lanfranco è la serie continua di loggette che cingono tutt'intorno il Duomo, entro arcate cieche. Questo motivo é ripetuto all'interno per la serie dei falsi matronei. Procedendo Lanfranco nella direzione dei lavori dalle absidi e Wiligelmo dalla facciata, si determinò una irregolarità: sul fianco meridionale verso la Piazza Grande la serie di loggette s'interrompe e fra il primo e secondo triforio sormontati da un semi arco cieco s'interpone una bifora sormontata da un arco cieco più basso e stretto, precisamente la corda di questo arco misura m. 2,67, mentre tutte gli altri hanno corde intorno a m.3,74 (la bifora divenne poi di stile gotico in seguito ad un rifacimento più tardo). Altrettanto si verifica sul fianco nord, dove però l'irregolarità è meno evidente perché mascherata da un successivo rimaneggiamento. La spiegazione fornita da critici e storici d'arte è che i nodi siano venuti al pettine al momento e nel punto d'incontro delle due costruzioni procedenti in senso inverso. Questa irregolarità e la presenza sull'abside maggiore della lapide che ricorda Lanfranco e, sulla facciata sotto l'epigrafe di datazione del Duomo sia stata aggiunta una frase di elogio per Wiligelmo, è assunta a prova che la costruzione sia proceduta proprio contemporaneamente da est e da ovest. Questi errori di misurazione sono frequenti nelle costruzioni preromaniche, romaniche ed anche, seppur attenuate, in quelle gotiche: muri e pareti con qualche gobba, arcate e intercolumni di diverse dimensioni, decorazioni a fregio diverse in elementi o unità costruttive uguali. Va osservato che gli architetti medioevali non davano eccessivo valore alla simmetria e alle proporzioni, prevalendo su queste la ricerca dell'animazione plastica. Dal punto di vista estetico l'arte di Lanfranco si qualifica per l'organicità dei rapporti plastici e spaziali, per la semplicità rigorosa delle linee e per il gioco dei chiaroscuri che, all'interno, invitano al raccoglimento e alla preghiera.
 Per la costruzione del Duomo attuale vennero usati materiali ricavati dai ruderi della citta romana di Modena, chiamata Mutina, ricca e fiorente colonia romana sulla via Emilia,all'epoca completamente distrutta a causa di terremoti e di alluvioni, le quali costrinsero gli abitanti in un certo momento, ad abbandonare la città per trasferirsi in una località, dotata di mura ad opera dei Longobardi, che prese il nome di Cittanova, oggi frazione del comune di Modena. Accanto alla chiesa col sepolcro del santo rimase però il vescovo e, col tempo, attorno alla chiesa che sorgeva all'esterno delle mura romane di Mutina si venne a formare il nucleo abitativo, che diventò, ed è anche oggi, il centro di Modena. Attorno a questo nucleo si sviluppò via via a raggiera l'agglomerato urbano seguendo le vie d'acqua che numerose attraversano la città e oggi sono coperte da vie che ricordano nel nome i canali sottostanti (Corso Canalgrande, corso Canalchiaro, via Canalino).
 Nella metà dell'XI secolo la prima chiesa venne sostituita da una più grande, ma, per le scarse capacità dei costruttori, minacciava di crollare già verso la fine del secolo e il popolo decise allora di costruirne una nuova. In quel periodo, caratterizzato dalla lotta fra papato e impero per l'investitura dei vescovi, la città, pur facendo parte dei domini di Matilde di Canossa, era stata governata saldamente dal potente vescovo Eriberto, che però fu scomunicato nel 1081 da Gregorio VII per le sue simpatie per l'antipapa Clemente III e per l'imperatore. La sede vescovile restò allora vacante per diversi anni a causa dell'impossibilita per il papa di trovare un candidato gradito al popolo e al partito imperiale. Il popolo, che avvertiva la necessità di mettere mano ad una nuova chiesa, approfittando anche dell'assenza del vescovo, decise di costruire una nuova grande cattedrale, cosicché quando il nuovo vescovo Dodone, nominato pur con qualche difficoltà nel 1100 dal papa Urbano II, riuscì a farsi accettare da tutti e venne a Modena trovò il cantiere del nuovo Duomo già aperto. La decisione autonomamente presa dal popolo indipendentemente dagli oppressivi poteri imperiali ed ecclesiastici è dimostrazione dell'aspirazione all'autogoverno e alla libertà dei modenesi per i quali il Duomo ne rappresenta ancora il simbolo, oltre che simbolo delle proprie radici cristiane. Dopo lunghe ed accurate ricerche si scelse l'architetto Lanfranco ritenuto idoneo a progettare e dirigere i lavori della nuova grandiosa cattedrale. Lanfranco venne a Modena accompagnato da un gruppo di valenti muratori e lapicidi (i cosiddetti Maestri Comacini, cioè provenienti da località del lago di Como) che si misero subito al lavoro.